Jobs act, Pd contro Pd e Renzi pronto a perdere la faccia in cambio del rientro
Il terzo tempo della “partita del cuore” tra cantanti e parlamentari ci ha regalato un tentativo di riavvicinamento tra Renzi e la Schlein. Un abbraccio che nel fronte del campo largo non è stato apprezzato da Conte che proprio da Renzi ha subito l’ultima spintarella per concludere la disastrosa esperienza del Governo Conte 2. Mentre Calenda resta fermo con le quattro frecce accese al centro della carreggiata, i talent scout di Salis e Soumahoro spingono la nascente coalizione sempre più a sinistra.
Il fallimento elettorale di Stati Uniti d’Europa e il dibattito aperto sull’obiettivo di occupare un presunto spazio elettorale al centro hanno spinto l’abolitore delle Province a compiere un triplo salto carpiato per tornare laddove ci sono i voti.
Sempre i dati confermano che dal 2015 il precariato non sia aumentato, escludendo il periodo della pandemia, si registra, con il Governo Meloni, un record storico di occupati che riguarda soprattutto giovani, donne e occupati al sud.
Infatti, a marzo del 2015 i lavoratori erano poco più di 22 milioni, mentre a marzo di questo anno sono saliti a 23.849.000. Nello stesso periodo gli assunti a tempo determinato sono saliti da 14.316.00 a quasi 16 milioni.
Ma senza voti e con il fallimento registrato alle europee l’ex Sindaco di Firenze ha bisogno di una nuova casa nella quale conquistare seggi e provviste per restare in piedi di fronte ad una coalizione, quella di centro destra, che fino a prova contraria, ha una leader forte, è unita e soprattutto legittimata dal voto.
Bisogna domandarsi quindi quali saranno le prossime azioni di Matteo Renzi: tornerà ad abbracciare anche Conte? abbandonerà la sua vena riformista sposando la posizione ideologica della CGIL e del Partito Democratico contro il suo Jobs Act? E cosa faranno i membri dell’attuale Pd che quel provvedimento lo hanno votato? Bonaccini, Padoan, Madia, Orlando, Franceschini anche loro sono pronti a rinnegare il provvedimento in nome dell’ideologia imposta dal sindacato?
A dire il vero molti parlamentari del Partito democratico, già protagonisti con ruoli centrali nel Governo Renzi, hanno manifestato, anche pubblicamente, che la sottoscrizione del referendum da parte della Segretaria non è stato un atto gradito, anzi, nel rivendicare libertà di voto nelle aule di Palazzo Madama e Palazzo Montecitorio hanno sottolineato quanto la mossa sia stata fastidiosa. Schlein dal canto suo ci ha tenuto a rimarcare che: “Non potrei far diversamente visto che è un punto qualificante della mozione con cui ho vinto le primarie l’anno scorso”, “Io nel 2015 ero in piazza con la Cgil contro l’abolizione dell’articolo 18”.
Il duo Landini – Schlein mette paura agli investitori italiani e stranieri che giudicano la proposta come un enorme passo indietro che finge di mirare alla stabilità dei posti di lavoro ma in realtà, se votata, provocherà maggiore precarietà. Inoltre, va considerato che il mondo del lavoro ha subito dei cambiamenti enormi, non solo nel post covid, ma anche per le mutate esigenze del lavoratore e dei datori di lavoro. Le risorse umane, oggi, sono merce rara da formare e da arricchire di competenze.
Occorre guardare al futuro con la volontà di programmare percorsi formativi connessi con il lavoro e ragionati in simbiosi con tutti gli addetti ai lavori dell’istruzione, del mondo produttivo e delle parti sociali. Di fronte a questa sfida l’obiettivo del “Pd di Landini” di abbattere il Jobs Act appare anacronistica e priva di amore per l’interesse nazionale.