Sovranità Alimentare: un Modello a cui ispirarsi che non ha nulla a che vedere col Fascismo.

La moda di attribuire la parola fascismo a tutto ciò che non è di sinistra ha investito anche la scelta del Presidente del Consiglio Giorgia

Meloni che ha voluto scegliere la sovrarnità alimentare come modello a cui ispirare l’operato del Ministero il Ministero dell’Agricoltura.

 La nuova denominazione del ministero dell’Agricoltura non è una novità nel mondo delle strutture ministeriali europee. Già dall’estate

scorsa, il Governo francese, per lo stesso ministero, ha scelto la denominazione “Ministère de lAgriculture et de la Souveraineté alimentaire.

Va precisato, però, che il concetto di sovranità alimentare esiste da oltre 25 anni e si può dire che rappresenti un modello di gestione delle

risorse alimentari basato su: principi di giustizia sociale, sostenibilità e autodeterminazione anziché su una mercificazione del cibo basata

unicamente sulla massimizzazione del profitto.

 La dicitura esordisce nel dibattito sulle politiche agricole nel 1996, dai membri di Via Campesina ed è, successivamente, stata adottata anche

da organizzazioni internazionali come Banca mondiale e le Nazioni Unite. Nel 2007, la “Dichiarazione di Nyéléni” ne ha fornito una

definizione. Adottata al primo Forum per la sovranità alimentare del 2007 a Sélingué, Mali, recita in parte:

La sovranità alimentare è il diritto dei popoli a un cibo sano e culturalmente appropriato, prodotto con metodi ecologicamente corretti e

sostenibili, e il loro diritto a definire i propri sistemi alimentari e agricoli. Mette coloro che producono, distribuiscono e consumano cibo al

centro dei sistemi e delle politiche alimentari piuttosto che le richieste dei mercati e delle aziende. Difende gli interessi e l’inclusione della

prossima generazione. Offre una strategia per resistere e smantellare l’attuale regime commerciale e alimentare aziendale e dà

indicazioni per i sistemi alimentari, agricoli, pastorali e della pesca determinati dai produttori locali. La sovranità alimentare dà priorità

alle economie e ai mercati locali e nazionali e potenzia l’agricoltura guidata dai contadini e dalle famiglie, la pesca artigianale, il pascolo

guidato dai pastori e la produzione, distribuzione e consumo di cibo basati sulla sostenibilità ambientale, sociale ed economica.

A partire dal 2020, almeno sette paesi hanno integrato la sovranità alimentare nelle loro costituzioni e legislazioni.

Secondo il fondatore di SlowFood, Carlo Petrini, “La sovranità alimentare si può spiegare come il diritto e dovere di rispettare la produzione

agricola locale e ridurre la dipendenza dall’importazione di cibo”.

Il ché non corrisponde ad una mera svolta in chiave autarchica delle politiche agricole, tutt’altro. Consiste nella difesa di filiere molto più

sostenibili dall’intero ecosistema, partendo dalla strenua difesa della  categoria degli agricoltori italiani che, da sempre, hanno svolto un

ruolo cruciale nel tessuto produttivo Nazionale. È lo stesso Petrini che nella sua intervista a La Repubblica esemplifica perfettamente come la

Sovranità Alimentare non corrisponda al dover rinunciare ad alimenti che non sono prodotti nel territorio nazionale, vedasi il caffè, ma a

preferire scambi commerciali inefficienti dal punto di vista ambientale  e qualitativo, recuperando ad esempio il criterio della stagionalità dei

prodotti: “Nessuno chiede di rinunciare al caffè, per fare un esempio. Ma  noi importiamo anche i cibi che potremmo produrre qui, magari in

altri periodi dell’anno. Comprare fuori stagione una pera bio  dall’Argentina ha un impatto estremamente peggiore sull’ambiente rispetto a

una pera coltivata qui con agricoltura convenzionale nella stagione giusta. In generale dovremmo recuperare la stagionalità dei prodotti.”